L’onda perfetta. Cavalcare il cambiamento senza esserne travolti

Marco Magnani
La dedica iniziale e le citazioni poste in esergo introducono, anche emotivamente, il lettore nella narrazione sul cambiamento che Marco Magnani offre nel suo volume “L’onda perfetta”, il cui sottotitolo “cavalcare il cambiamento senza esserne travolti” mette a fuoco la trattazione.

Marco Magnani

Roma, Luiss University Press, 2020, pp. 148

La dedica iniziale e le citazioni poste in esergo introducono, anche emotivamente, il lettore nella narrazione sul cambiamento che Marco Magnani offre nel suo volume “L’onda perfetta”, il cui sottotitolo “cavalcare il cambiamento senza esserne travolti” mette a fuoco la trattazione. Per quanto costruito attorno alla nostra «epoca di grandi cambiamenti» (p. 40) che stiamo vivendo, a livello politico, sociale, economico, dal punto di vista culturale, o della regolamentazione oppure dell’innovazione tecnologica, e che hanno aumentato il senso di incertezza generale, il libro è immune da cedimenti retorici, così forti nella politica e ricorrenti nelle imprese, come ad esempio quello che considera il cambiamento una «qualità esclusiva dei nostri tempi» (p. 42). Nelle pagine che intrecciano storia (a partire dalla scoperta dell’America), storie (di paesi e di territori, di istituzioni e di imprese, non soltanto di successo ma anche di fallimento) e saperi (di studiosi e di manager), emerge con chiarezza quanto la situazione di partenza, il posizionamento iniziale («luogo geografico in cui è situata una città, risorse naturali di cui è dotato un paese, quota di mercato o brevetti detenuti da un’azienda, gruppo anagrafico-sociale cui appartiene un individuo» – p. 29), dal quale si affronta il cambiamento, sia «importante» (p. 11) ma non sufficiente. Si evidenzia, infatti, che, al di là del posizionamento iniziale, gli «effetti del cambiamento possono risultare positivi o negativi soprattutto in base alla gestione dello stesso» (p. 12), che è «in gran parte una questione di mentalità» (p. 31), «a seconda che se ne veda solo la minaccia o si cerchi di coglierne le opportunità» (p. 33), come nel caso del “fear factor” (p. 39). «Flessibilità e versatilità, capacità di apprendere dai cambiamenti (learn) e di adattarsi ai medesimi (adapt)», sono approfondite come «caratteristiche che determinano il successo – e nel lungo periodo la sopravvivenza» (p. 13) – di imprese, di istituzioni, di territori. E, attraverso il richiamo a fenomeni naturali e l’analisi di alcuni casi aziendali e territoriali, sono presentate quattro strategie di gestione del cambiamento – «subirlo», «opporvi resistenza», «cavalcarlo o mostrare resilienza», «promuoverlo» (p. 45) – con l’avvertenza che «nessuna di queste (…) è, in assoluto, migliore delle altre» (p. 13) e la precisazione che «la strategia è importante ma la cultura (e le persone) lo sono ancor di più» (p. 52). «Strategia e visione, cornice culturale di riferimento e capitale umano sono (quindi) i cardini imprescindibili» (p. 53) per la gestione del cambiamento, che, peraltro, è oggi più difficile rispetto al passato, non soltanto per la maggiore frequenza con cui cambiamenti dirompenti si succedono e per la stretta interconnessione tra i paesi e la profonda interdipendenza tra le economie del mondo, anche per l’abbondanza di «informazioni – e talvolta di fake news – disponibili in tempo reale» (p. 127), che, indipendentemente dal fatto che i cambiamenti stessi ci riguardino o no direttamente, può «generare senso di ansia e rendere più difficile determinare priorità e prendere decisioni» (p. 44). Ne abbiamo avuto conferma durante questo anno di emergenza causata dalla diffusione del coronavirus SARS-CoV-2. Proprio a questa emergenza, ormai non più esclusivamente sanitaria, in particolare alla gestione del dopo pandemia, è dedicata la postfazione del volume. Qui, tra il «ricreare lo status quo preesistente alla crisi» e il «cancellare completamente il passato», si suggerisce l’esistenza di una via intermedia – «cercare di comprendere a fondo le ragioni del cambiamento e farne tesoro, ricostruire nuovi e più stabili equilibri tenendo conto delle fragilità di quelli passati» – che si traduce, anche concretamente come mostra l’Autore, nel prendere atto che «la globalizzazione è un processo che, al di là di pregi e difetti, è in larga misura irreversibile e inarrestabile» (p. 129). Dunque, «dalla gestione della transizione, dalla capacità di apprendere e adattarci alla nuova realtà», dipenderà il nostro futuro. Per rimanere sul tema marittimo della copertina, e giocando su titolo e sottotitolo, dell’opera di Magnani, si può dire che «cavalcare l’onda senza esserne travolti» sia, in questo caso, «più importante che mai» (p. 131).

Vedi l’articolo completo in PDF (Italiano)