Editoriale

di Luigi Fiorentino - Presidenza del Consiglio dei Ministri
e Elisa Pintus - Università della Valle d’Aosta


RIPM, nasce con l’intento di diffondere nelle istituzioni pubbliche una cultura spiccatamente orientata all’innovazione. RIPM è una rivista scientifica che propone uno sguardo globale con un’attenzione alla relazione fra sperimentazione e trasformazione in un contesto di profondo cambiamento economico, sociale, culturale e tecnologico[...]

di Luigi Fiorentino – Presidenza del Consiglio dei Ministri

e Elisa Pintus – Università della Valle d’Aosta

Il disegno di RIPM

L a Rivista Italiana di Public Management – Studi e Proposte per Innovare la Pubblica Amministrazione – (RIPM) nasce con l’intento di diffondere nelle istituzioni pubbliche una cultura spiccatamente orientata all’innovazione. RIPM è una rivista scientifica che propone uno sguardo globale con un’attenzione alla relazione fra sperimentazione e trasformazione in un contesto di profondo cambiamento economico, sociale, culturale e tecnologico. Le aziende pubbliche negli stati moderni sono istituzioni chiamate ad interpretare un ruolo sempre più complesso, RIPM intende rispondere a questa sfida e diventare luogo di valorizzazione di una articolata riflessione sulle istituzioni pubbliche con proposte e stimoli di studio e analisi sul campo. Il contributo sfidante cui sono chiamati oggi studiosi e professionisti delle istituzioni pubbliche è quello di ideare, proporre e sviluppare nuove chiavi di lettura, usando un’ottica pluridisciplinare e allargando l’orizzonte di riflessione anche a settori che, storicamente, non si sono occupati direttamente delle istituzioni pubbliche ma che possono supportare in modo costruttivo questa analisi sopravanzando il tradizionale approccio giuridico-formale. Questa visione consente di sperimentare innesti nuovi di sapere per generare soluzioni inedite e tracciare vie differenti di ricerca e proposte ultime di azione nel public management. RIPM si struttura con un modello organico che definisce le sezioni, oltre all’Editoriale: Sezione Special Focus, Sezione Dialoghi, Sezione Close Up. Tale disegno, frutto anche di una condivisione con il Team Editoriale, si prospetta come elemento simbolico della complessità della società attuale: innovazione paradigmatica, portati esperienziali, messa a fuoco di criticità che si sviluppano sottotraccia, engagement di attori e istituzioni propositivi, sono tutte componenti da coniugare per proporre linee di sviluppo di nuovi modelli di public management.

Sezione Special Focus

Uno dei tratti distintivi del format RIPM è dato dalla definizione della Sezione Special Focus (SF). Sotto il profilo del disegno della rivista, il focus tematico è volto a creare condizioni di specifica attenzione ad un tema che viene considerato attuale, atto a promuovere riflessione e capace di creare dibattito fra gli studiosi, gli operatori e l’ambiente interno ed esterno alle amministrazioni pubbliche. Attraverso la sezione Special Focus, RIPM intende confermare uno dei principi fondanti la rivista: creare uno spazio per indirizzare su un ambito specifico l’attività di ricerca e rappresentazione con approccio multidisciplinare. Ogni numero di RIPM avrà uno SF con una finestra temporale legata al numero in uscita. In virtù dello Special Focus, si delineano e si mettono in discussione condivisa aree di valorizzazione di idee su uno specifico tema. La sezione Special Focus è caratterizzata da alcune qualità sostanziali: enfasi su modelli teorici innovativi, determinazione ex ante di cornice per la contribuzione, tensione verso la ricerca, apertura alle differenti aree di contribuzione, lettura attualizzata dei fenomeni. Si auspica che queste note distintive creino condizioni di dibattito fattivo su temi di volta in volta selezionati e determinino un’impronta pluridisciplinare creando condizioni di provocazione intellettuale fra studiosi delle più differenti discipline nell’affrontare le problematiche delle amministrazioni pubbliche.

Sezione Dialoghi

La Sezione Dialoghi ha come obiettivo fondamentale quello di prospettare scenari per proiettare il complesso del sistema pubblico in una società del futuro. RIPM, in questa sezione, intende indicare un’arena favorevole per un confronto aperto sui temi del public management con proposte innovative in grado di offrire strumenti di dialogo e analisi. Il Call for Paper, in questo caso permanente, è disegnato per interpretare le modalità attraverso le quali si analizzano, si sviluppano e si attuano i modelli di scelte pubbliche da parte di decisori politici, manager, professionisti e portatori d’interesse. Il contributo può essere declinato secondo contenuti di approccio teorico o analisi descrittiva di casi purché, in quest’ultimo ambito, vi sia una tensione anche dialettica alla modellizzazione teorica.

Sezione Close Up

La Sezione Close Up, nasce con l’intento di mettere in primo piano, oltre ai call di RIPM, progetti, temi, attori che abbiano come regia la promozione di iniziative con un forte connotato di cambiamento. L’idea di fondo è quella di racchiudere in un’inquadratura, anche sintetica, sentori che possano stimolare riflessioni più ampie per diffondere la cultura dell’innovare nelle istituzioni pubbliche. Lo spazio è strutturato per accogliere modalità delle più varie di contribuzione.

La missione della contribuzione a RIPM

Nell’accogliere una delle differenti modalità di contribuire a RIPM – Special Focus, Sezione dialoghi, Sezione Close Up- è auspicato un indirizzo dell’azione verso alcune finalità: generare le basi per ispirare la futura ricerca nel management pubblico, provocare discussioni anche sulla base di problemi interpretativi nelle teorie e nei modelli di management consolidati, esaminare i più recenti progressi nel campo della ricerca di base ed avanzata e nella traduzione in comportamenti degli attori coinvolti nell’agire delle amministrazioni pubbliche, valorizzare modelli interpretativi originali di ricerca scritti dagli studiosi, analizzare concetti consolidati nella letteratura, interpretare e criticare la letteratura di riferimento o collegarsi ad essa, creare le condizioni di dialogo per un approccio multidisciplinare fra le differenti componenti accademiche e non accademiche, coinvolgere i differenti portatori d’interesse delle istituzioni pubbliche (operatori, utenti, imprese) nello sviluppo di una condivisione della cultura manageriale. L’obiettivo prioritario della rivista, con l’invito alla contribuzione nelle varie sezioni, è quello di valorizzare uno sguardo per stimolare futuri dibattiti, creare le condizioni scientifiche per lo sviluppo di nuovi modelli paradigmatici, modelli applicativi e di confutazione delle teorie e ambiti di attuazione puntuale delle teorie. In definitiva, è quello di prospettare scenari per proiettare il complesso del sistema pubblico in una società del futuro.

Public management e sviluppo economico

Il primo numero di RIPM, ha visto l’alternarsi delle voci del Comitato Tecnico Scientifico nel rispondere alla domanda su come gli stessi vedono la PA del futuro. È stato interessante osservare un constante richiamo alla centralità delle istituzioni pubbliche. È da questo essere centrale delle istituzioni pubbliche che è necessario partire.

L’essenzialità delle istituzioni pubbliche si ridetermina quando il sistema delle teorie di riferimento delle istituzioni pubbliche stesse riesce ad intercettare i reali bisogni della società contemporanea. I processi di riforma delle istituzioni pubbliche dovrebbero essere indirizzati in tal senso e non essere guidati dagli interessi particolari (Pollitt & Bouckaert, 2017). Se sembra ormai ampiamente superata la teoria del New Public Management (Barzelay & Jacobsen, 2009), è attraverso la citazione di alcune linee di orientamento modellistico che si esprime lo spazio di accoglimento delle istanze della società per uno sviluppo economico sostenibile (Bovaird & Loeffler, 2012). Un primo modello evocativo della relazione fra ambiente e istituzioni è quello del Public value management. In questo modello, si valorizza la relazione fra piani, programmi e azioni del management pubblico e valore intrinseco dell’attività, anche con attenzione a ciò che scaturisce dall’attività prodotta in termini di servizi finali. Diventano fondamentali per l’interpretazione del modello, ma soprattutto per la sua attuazione, meccanismi decisionali che portino a disegnare i criteri di valutazione dell’azione pubblica con un’attenzione specifica agli elementi di valutazione a medio-lungo periodo dell’azione stessa: efficienza, efficacia ed economicità. Ma soprattutto, ed è la ragione della citazione, si valorizzano i criteri di equità complessiva e responsabilizzazione condivisa circa scelte pubbliche attente alla creazione di valore. Un secondo modello è quello della Networked governance. In esso, la PA coniuga scelte volte a determinare valorizzazione istituzionale, organizzativa, gestionale ed economica di una pluralità di attori. In questo caso, più istituzioni pubbliche, network- rete anche determinati con accordi istituzionali formalizzati, indirizzano le scelte con il fine di attuare sinergie economiche ed organizzative, di disegnare forme di strategia capaci di fare sistema attraverso la rete di attori politici, sociali, economici e organizzativi. Un terzo modello è quello della Responsabilità sociale delle scelte pubbliche, con Responsabilità Sociale, in questa sede, si desidera porre l’accento sulla capacità dell’attore pubblico di comprendere, intercettare, anticipare con valore predittivo i bisogni della collettività. Un approccio sostenibile delle istituzioni pubbliche si sviluppa quando si creano sinergie partecipative con le imprese e con i cittadini (Freeman, 2010). Si determina un modello di azione responsabile quando si va all’origine dei valori fondanti la società sia all’interno che all’esterno delle pubbliche amministrazioni. Quando si dà impulso ai tratti identitari, alla ricerca e al riconoscimento dell’interesse generale di un paese. Solo così si creano le condizioni che garantiscono uno sviluppo economico sostenibile anche per le generazioni future.

Non bisogna rinunciare a ricercare il bene comune, e i modelli teorici sono in costante, seppure lenta evoluzione, a dimostrare questa tensione alla ricerca. Non bisogna rinunciare alla diffusione di una cultura delle istituzioni pubbliche che coniughi creazione di valore, determinazione di un sistema-rete, anche di tipo multilivello, fra le pubbliche amministrazioni, e sostenibilità delle scelte in virtù di azioni di coinvolgimento con la società tutta. Non bisogna rinunciare al rilancio reputazionale della PA: solo così si avrà sviluppo economico sostenibile.

Burocrazia e sviluppo economico

Passando da un inquadramento paradigmatico evocativo all’analisi dell’azione degli attori pubblici, si può affermare che la relazione fra pubbliche amministrazioni e sviluppo economico consente di affrontare un tema cruciale, non solo per il nostro paese, essendo, questo, al centro delle agende dei governi di molte nazioni (Howlett & Ramesh, 2003). Il sistema pubblico può aiutare o ostacolare i processi di sviluppo. Apparati ridondanti, condotti con scarsa professionalità, irrazionali sotto il profilo organizzativo, con proliferazione di micro-strutture, lontano da un disegno efficiente e razionale sono, indubbiamente, ostacolo per politiche di sviluppo (Bianchi, 2017), e spesso generano fenomeni corruttivi, contribuendo a determinare un ambiente non ideale per iniziative di investimento e sviluppo. Il tema può essere affrontato da una pluralità di prospettive. Innanzitutto, guardando alla complessità del sistema pubblico e all’efficacia della sua azione, ovvero guardando ai soggetti pubblici come regolatori o quali attori delle politiche pubbliche (Weber, 2004). In genere, l’amministrazione può favorire i processi di sviluppo, creando un ambiente favorevole, incentivando il mercato. È importante osservare la macchina amministrativa, il processo di gestione, al fine di studiarne i problemi e i limiti, in relazione alle esigenze di funzionamento (Mattarella, 2017). Diversi sono gli aspetti che è necessario, pur brevemente, esaminare. In primo luogo, il rapporto tra politica ed amministrazione. Infatti, affinché il sistema pubblico operi per il bene comune, occorre una connessione stretta tra politica e amministrazione. Da un lato il vertice politico, gli organi di indirizzo politico, che devono ben definire l’agenda, disegnando le politiche con accuratezza sia in ordine agli obiettivi, sia in ordine alle risorse necessarie, sia infine ai tempi di realizzazione (Varaldo, 2014). Un tale modello deve, necessariamente, essere reso coerente, perché il sistema complessivo sia efficiente. Importante è, quindi, la costruzione di unità organizzative e gestionali a supporto degli organi politici. I policy maker dovrebbero essere orientati su attività di programmazione strategica, sempre più necessaria, proprio per definire un’agenda realistica. In tali strutture la pluralità di esperienze professionali è una forza: non solo, quindi, quelle di tipo giuridico. Sono necessarie la capacità di sintetizzare la multiculturalità e l’orientamento alla definizione di obiettivi strategici, in grado di tradursi in risultati tangibili. In secondo luogo, un ulteriore aspetto attiene al modo in cui le diverse amministrazioni lavorano insieme. Come cioè si integrano i punti di vista e si costruisce la sintesi. Sotto questo profilo c’è molto lavoro da fare. Innanzitutto, le tecniche di amministrazione utilizzate, nonostante l’era in cui si vive e la diffusione del digitale, non sono interpreti reali dell’epoca che si vive. Dal punto di vista organizzativo e tecnologico è assente una rete che integri le amministrazioni e permetta una cooperazione veloce, per via digitale, sia nell’ambito di uno stesso livello di governo, sia tra i diversi livelli di governo. In terzo luogo, anche il governo e la gestione del flusso dei dati sono casuali e contrari alla razionalità, malgrado gli investimenti sin qui effettuati e l’attività svolta sia dall’Agid, sia dal Commissario per il digitale. Le amministrazioni dovranno, necessariamente, abbandonare un approccio particolaristico e guardare, invece, con un’ottica generale, dove oltre ai singoli interessi portati avanti settore per settore, si guardi ad un interesse superiore, che è l’interesse pubblico, ad avere un’amministrazione che raggiunga gli obiettivi e consenta, quindi, alla compagine politica di poter tradurre in fatti ed azioni i programmi elettorali presentati ai cittadini. Il profilo organizzativo e dell’ambiente tecnologico è uno snodo cruciale per l’innovazione e lo sviluppo economico. Il sistema amministrativo versa in uno stato di perenne emergenza, si sviluppa un forte elemento distorsivo al posizionamento strategico necessario per lo sviluppo economico. Fra i tanti, vi sono alcuni aspetti che possono essere sottolineati, sotto il profilo gestionale, perché l’amministrazione possa rispondere alle istanze pressanti dei cittadini e del sistema economico. In primo luogo, si rifletta sulle problematiche create dalla recente normativa sugli appalti pubblici e sul sistema dei controlli nel suo complesso. Anche l’ultima serie di disposizioni normative sugli appalti pubblici presenta il carattere di debolezza delle precedenti esperienze di recepimento delle direttive comunitarie, che risultano più chiare del codice italiano sia negli obiettivi e presupposti “considerando”, sia nella disciplina di dettaglio. Con la differenza, rispetto al passato, che oggi gli operatori economici non trovano tutta la disciplina applicativa in un unico strumento, in passato il pur ampio regolamento, ma in molteplici di atti “soft law” adottati da varie amministrazioni. Siffatto modello produce, forse inconsapevolmente, una restrizione specifica dell’accesso al mercato. Si pensi, per esemplificare, alle imprese destinatarie di un finanziamento pubblico (spesso obbligate ad applicare la normativa sugli appalti pubblici) o che vogliono partecipare ad un appalto pubblico. Per conoscere la regolazione vigente dovranno dotarsi di un ufficio legale o ricorrere ad un avvocato, con l’evidente introduzione di elementi sperequativi, e quindi contro l’interesse generale pubblico, a danno delle piccole e medie imprese che, forse, non saranno in grado di sostenere tali costi e che potranno rinunciare a partecipare o produrranno, in mancanza di una completa conoscenza del quadro regolatorio, istanze non perfezionate, con le conseguenze patologiche immaginabili. Inoltre, occorre riflettere sul ruolo di chi opera con funzioni di “anti corruzione” e che, anche al di là di quanto normativamente previsto, nella percezione di chi opera nelle pubbliche amministrazioni viene avvertito come un ulteriore livello di controllo. Infine, occorre soffermarsi sul sistema dei controlli sulle attività produttive, al fine di individuare sistemi semplificati ed unitari tra i diversi soggetti, pubblici o privati, competenti ad effettuarli, riducendo, quindi, gli oneri amministrativi sul sistema delle imprese. Da ultimo, perché il sistema nel suo complesso funzioni serve una giustizia amministrativa che sappia decidere rapidamente (Merusi, 2012), senza lasciare le imprese in attesa di una decisione per tempi lunghi, tempi che non rispondono più alle esigenze né delle istituzioni, né degli operatori privati. I tempi della giustizia sono tempi non più sostenibili né per le istituzioni, né per le imprese.

Un’amministrazione moderna al servizio dei cittadini e delle imprese ed in grado di avere una visione complessiva non può essere autoreferenziale. La burocrazia che cerca di essere un soggetto di potere autonomo e, a volte, contrapposto alla politica, danneggia non solo l’immagine ma il ruolo stesso. La burocrazia in chiave moderna deve essere manageriale e accountable, al servizio della politica, con intelligenza ed autonomia, ma consapevole che la classe politica, nei sistemi democratici, è in connessione con i cittadini e ne rappresenta bisogni espliciti e non, domanda di servizi pubblici finali consapevole e non. Un forte commitment politico è essenziale affinché il sistema amministrativo agisca consapevole delle proprie responsabilità. La configurazione degli scenari, la determinazione delle scelte, il disegno degli obiettivi da parte dei vertici politici, non devono essere, come spesso accade, un adempimento burocratico, ma un momento essenziale del rapporto tra politica ed amministrazione. Perché ciò accada, per consentire lo sviluppo economico che il contesto ambientale richiede, anche i decisori politici dovranno maturare forme di consapevolezza che il sistema amministrativo dovrebbe essere un sistema complesso da governare.

Public management. Studi e Proposte per innovare la pubblica amministrazione

Registrare l’ambiente, rileggerlo in chiave paradigmatica, proporre linee di pensiero innovative, ricondurre ad un disegno generale, consente di introdurre i contributi di RIPM.

Lo special focus di RIPM – Luglio 2018 nasce con l’obiettivo generale di promuovere un dibattito sulla sostenibilità economica delle decisioni pubbliche, mettendo in luce il ruolo dei differenti attori coinvolti nelle scelte di sviluppo economico: decisori politici, portatori d’interesse, cittadini, imprese e, naturalmente, manager pubblici.

Lo spunto intellettuale e di riflessione di partenza ha dato modo agli autori di analizzare l’ampio tema proposto, da diversi punti di vista.

Nel contributo “Gli indicatori del Bes quali strumenti di better regulation per la quantificazione degli impatti nelle Air e nelle Vir” la sfida intellettuale posta è stata declinata in una analisi sulle sinergie che potrebbero essere ottenute dall’utilizzo di alcuni indicatori del Benessere equo e sostenibile (Bes) all’interno dei processi di Analisi d’impatto della regolazione (Air) e di valutazione d’impatto della regolazione (Vir). Tale riflessione trae origine dalla constatazione che stato dei conti pubblici e dell’economia in generale, soprattutto a seguito della crisi economica, richiedono interventi sempre più improntati a principi di responsabilità e di buon andamento, imponendo un necessario ricorso all’uso di strumenti di better regulation al fine di aumentare la qualità delle politiche pubbliche e le stime degli effetti della regolazione.

Non solo le politiche pubbliche necessitano di nuove metodologie, ma anche il management richiede un cambiamento radicale, che possa mettere al centro delle sue scelte valori nuovi, legati ai bisogni emergenti. In questa direzione va l’analisi affrontata nel paper “Una metodologia di multi criteria decision making a supporto dei processi di public management”. Il contributo, partendo dal tema del valore dei dati e dell’importanza di farne un buon uso per fissare criteri decisionali nella valutazione delle alternative, specie in contesti complessi, analizza ed esamina le metodologie di multi criteria decision making. In modo specifico, il testo indaga la metodologia denominata Value-Analytic Hierarchy Process, si tratta di un innovativo strumento di supporto alle decisioni di public management poste in essere quotidianamente a livello politico, dirigenziale e tecnico. L’articolo parte dalla descrizione della metodologia e riporta esempi applicativi nell’ambito dei processi di portfolio, program e project management, provando a delineare qual è il valore aggiunto che le metodologie dell’ingegneria gestionale possono apportare alla “value chain” della pubblica amministrazione.

La capacità delle istruzioni di rispondere alle complesse sfide che pone la società è sempre più legata alla loro natura e al funzionamento interno dei loro modelli gestionali. Infatti, l’organizzazione è stato l’altro grande tema affrontato nei contributi di questo volume.

L’articolo “Il nuovo modello di servizio Inps: quale significato e quali competenze”, partendo dall’analisi del caso della riorganizzazione dell’Inps, getta le basi per una riflessione più ampia su organizzazione, risorse umane e competenze.

La scelta di adottare un nuovo modello organizzativo per l’Inps è stata dettata dalla portata innovativa e dalla densità di provvedimenti legislativi di soppressione e accorpamento di altri enti previdenziali, che hanno comportato, negli ultimi anni, un accrescimento delle sue attività e disaggregazione delle funzioni, con conseguente necessità di operare modifiche non solo dell’assetto organizzativo, ma anche della dotazione organica del personale, delle risorse finanziarie e del complesso dei servizi offerti alla collettività. Dunque, al fine di superare le forti contrapposizioni di competenze esistenti e nell’ottica di conseguire una maggiore efficienza nell’erogazione dei servizi, a partire dal 2016, l’Inps ha attuato un nuovo modello di fornitura dei servizi articolato su tre principi cardine, centralità dell’utente, digitalizzazione e riduzione dei costi. Il testo delinea il processo seguito per questa trasformazione.

I citati principi sono alla base non solo di modelli organizzativi ma anche di sperimentazioni di nuove forme di agire pubblico. Il paper “La pubblica amministrazione responsabile: un caso di digital welfare” presenta l’analisi di un caso sperimentale che va in questa direzione, si tratta del progetto WeGovNow, creato con il finanziamento di Horizon 2020 per sviluppare l’utilizzo di piattaforme tecnologiche che consentono il passaggio di paradigma dall’e-Government – cittadini utenti – al We-Government – cittadini partner – dando luogo a nuovi tipi di interazione nella co-produzione dei servizi rivolti al cittadino e nello sviluppo di approcci inclusivi e soluzioni innovative per lo sviluppo della comunità. Lo studio del caso presentato conduce a una riflessione sulla pubblica amministrazione e il ruolo innovativo che può assumere nel digitale, una forma di welfare che sta emergendo grazie all’approccio dell’innovazione sociale.

La strada tracciata dai contributi dello special focus pubblica amministrazione e sviluppo economico porta direttamente allo speciale del prossimo numero, che sarà incentrato sul tema dell’innovazione, come volano di cambiamento delle amministrazioni pubbliche.

Nella Sezione Dialoghi il fuoco del dibattito concerne la capacità di prospettare scenari innovativi per offrire strumenti di dialogo e analisi.

Tra i contributi di questa sezione, due sono centrati sull’analisi di due amministrazioni, una locale e una regionale. Il primo caso assume come ambito privilegiato di osservazione Roma capitale e la sua organizzazione, invece il secondo ha ad oggetto di analisi la regione Lazio e la sua azione di ristrutturazione del debito finanziario. Infine, a chiusura di questa sezione, vi è un contributo sul factoring verso la pubblica amministrazione.

Nello specifico, il primo dei contributi richiamati è “Gli Anelli di Saturno: analisi e proposte su governance e management di Roma capitale” e analizza capillarmente la caratterizzazione della struttura capitolina e del suo management, i punti di caduta, le principali funzioni svolte, e avanza proposte concrete per una razionalizzazione non più solo meramente amministrativa ma anche proattiva e gestionale che parta proprio dal ruolo centrale di una rinnovata dirigenza.

Il secondo dei testi della sezione, “La ristrutturazione del debito finanziario degli enti territoriali: valorizzazione di un’esperienza regionale” – come anticipato – nell’ambito delle azioni di ristrutturazione del debito finanziario poste in essere dagli enti territoriali, segnala come particolarmente significativa l’esperienza della regione Lazio, sia in termini di ampiezza del portafoglio di debito finanziario interessato che in relazione ai risparmi di spesa conseguiti. L’articolo ripercorre i tratti salienti delle operazioni di ristrutturazione del debito poste in essere dalla regione Lazio negli ultimi anni, rappresentando la testimonianza di come sia possibile, anche per un ente territoriale che ha intrapreso da qualche anno la strada del risanamento del bilancio dopo un lungo periodo di criticità finanziaria, affrontare le sfide dell’efficienza, dell’affidabilità e della credibilità internazionale.

Infine “Il factoring verso la pubblica amministrazione come leva di sviluppo dell’economia italiana: benefici, ostacoli e possibili soluzioni”, pone l’accento sul tema dei ritardi dei pagamenti dei debiti di fornitura delle pubbliche amministrazioni. Secondo gli autori, il factoring e, in generale, la cessione del credito rappresentano lo strumento ideale a supportare i fornitori della pubblica amministrazione nel far fronte ai fabbisogni finanziari e gestionali connessi ai relativi crediti commerciali e stimolare la ripresa economica potenziando il meccanismo del moltiplicatore della liquidità con effetti diretti ed indotti sull’economia. Tuttavia, segnalano gli autori, che sebbene lo strumento della cessione del credito verso la pubblica amministrazione sia già ampiamente diffuso in Italia, esso è assoggettato a numerosi vincoli, adempimenti e requisiti (anche di natura prudenziale) che ne ostacolano il pieno sviluppo. Pertanto è necessario individuare soluzioni di sistema in grado di rispondere alle sfide poste dall’uso dello strumento, garantendo efficacia ed efficienza dello stesso.

Riferimenti Bibliografici

Barzelay M. e Jacobsen A. S. (2009), Theorizing implementation of public management policy reforms: A case study of strategic planning and programming in the European Commission, Governance, 22, 319–334.

Bianchi P. (2017), Il cammino e le orme, Industria e politica alle origini dell’Italia contemporanea, Il Mulino, Bologna.

Bovaird T., Loeffler E. (2012), From Engagement to Co-production: How Users and Communities Contribute to Public Services. New Public Governance, the Third Sector and Co-production, Routledge, London.

Freeman R. E. (2010), Strategic Management: A Stakeholder Approach, Cambridge, University Press.

Howlett M. e Ramesh M. (2003), Come studiare le politiche pubbliche, Il Mulino, Bologna.

Mattarella B. G. (2017), Burocrazia e riforme. L’innovazione nella pubblica amministrazione, Il Mulino, Bologna.

Merusi F. (2012), La legalità amministrativa. Altri sentieri interrotti, Il Mulino, Bologna.

Pollitt C. e Bouckaert G. (2017), Public Management Reform: A Comparative Analysis – Into The Age of Austerity, University Press, Oxford.

Varaldo R. (2014), La nuova partita dell’innovazione. il futuro dell’industria in Italia, Il Mulino, Bologna.

Weber M. (2004), La scienza come professione. La politica come professione, Piccola biblioteca Einaudi, Torino.

 

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