Editoriale

di Luigi Fiorentino - Presidenza del Consiglio dei Ministri
e Elisa Pintus - Università della Valle d’Aosta


La relazione fra innovazione sociale e innovazione tecnologica appare come elemento prodromico a ciò con cui bisognerà “fare i conti” entro tempi brevissimi. Le prime riflessioni strutturate sull’innovazione, nel management, risalgono alla fine degli anni Settanta (Mohr 1969). Gli ultimi dieci anni dello scorso millennio hanno visto lo sviluppo crescente di attenzione verso l’innovazione, in special modo quella tecnologica, come ambito di ricerca privilegiato. Tuttavia, è dall’inizio del nuovo millennio che si apre uno scenario di riflessione sistematica anche nelle amministrazioni pubbliche (Osborne and Brown 2013; Walker 2014).[...]

di Luigi Fiorentino – Presidenza del Consiglio dei Ministri

e Elisa Pintus – Università della Valle d’Aosta

Management pubblico e innovazione tecnologica e sociale

L a relazione fra innovazione sociale e innovazione tecnologica appare come elemento prodromico a ciò con cui bisognerà “fare i conti” entro tempi brevissimi.Le prime riflessioni strutturate sull’innovazione, nel management, risalgono alla fine degli anni Settanta (Mohr 1969). Gli ultimi dieci anni dello scorso millennio hanno visto lo sviluppo crescente di attenzione verso l’innovazione, in special modo quella tecnologica, come ambito di ricerca privilegiato. Tuttavia, è dall’inizio del nuovo millennio che si apre uno scenario di riflessione sistematica anche nelle amministrazioni pubbliche (Osborne and Brown 2013; Walker 2014).

Se un primo assunto porta a ritenere “urgente” la capacità di gestire l’innovazione, per offrire uno sguardo attento all’evoluzione delle istituzioni pubbliche può essere utile generare una riflessione a partire proprio da cosa si intende per innovazione. Una prima questione a supporto delle riflessioni concerne, quindi, la definizione di innovazione.

Nell’impresa la definizione di innovazione coinvolge l’implementazione o il notevole miglioramento di nuovo prodotto, bene o servizio, di un nuovo processo, di un nuovo sistema di organizzazione interna, del lavoro delle relazioni con l’esterno, di un nuovo metodo di marketing (OECD e Eurostat 2005). Attività innovative possono essere intercettate per opera di molteplici tipologie di approcci che variano dallo sviluppo di un nuovo bene o servizio al processo di miglioramento di un prodotto o di un processo (OECD 2015). Così come il cambiamento può essere captato in virtù di una profonda e visibile modificazione dello stato dell’arte o di piccoli mutamenti incrementali che determinano, nel loro complesso, una trasformazione manifesta rispetto allo stato precedente delle cose che enfatizza una prospettiva che pone al centro l’impresa e il suo ambiente interno.

Naturalmente le innovazioni dovrebbero non solo essere analizzate per il grado di mutamento che si apporta all’interno dell’azienda ma dovrebbero coinvolgere anche l’ambiente esterno, il sistema di relazione fra azienda ed ambiente, le interrelazioni che l’impresa costruisce o che sono necessarie per la sua stessa sopravvivenza.

Nelle istituzioni pubbliche l’ambito definitorio comprende l’implementazione, o il significativo miglioramento apprezzabile, di beni, di servizi o di processi. Tuttavia, per la natura istituzionale delle amministrazioni pubbliche, per le caratteristiche intrinseche, per la complessità dell’ambiente interno od esterno ad esse si richiedono ambiti di tensione molto più ampi e responsabili verso la capacità di mettere in relazione gli effetti, anche nel lungo periodo, che possano derivare dall’innovazione di politiche, di processo, di servizio pubblico finale.

Un altro aspetto importante concerne la capacità di misurare il grado di trasformazione insisto nel cambiamento. Come anticipato, innovare significa introdurre azione dinamica costituita, spesso, da scatti e rallentamenti.

L’innovazione è un progresso, un avanzamento, un procedere che richiede tecniche, strumenti e valori per la misurazione non agevoli, dove la terzietà della misurazione è la variabile critica necessaria sia per determinare meccanismi allocativi a supporto dei processi d’innovazione sia per comprendere valore e impatto dell’innovazione stessa.

Dunque, latu sensu, nelle istituzioni pubbliche variabile critica diventa, a partire dal processo dinamico sotteso a tutto ciò che è innovazione, la capacità di valutare l’apporto del progresso tecnologico e sociale in termini di contributo, chi è l’attore che paga, chi analizza costi e benefici di uso, chi determina meccanismi di governo e patrimonializzazione

Ruolo cruciale nell’innovazione nelle istituzioni pubbliche gioca oggi tutto il campo di analisi intorno all’intelligenza artificiale (IA), si tratta di una disciplina che analizza, studi e tecniche, se sia possibile, e con quali modalità, configurare i processi mentali, anche quelli ad alto tasso di complessità, per merito delle tecnologie più avanzate a partire dal computer.

Una tale ricerca si dipana grazie a due percorsi che si possono definire complementari.

In primo luogo, l’IA studia meccanismi per far sì che il funzionamento dei computer sia il più vicino possibile alle potenzialità dell’intelligenza umana, in secondo luogo utilizza processi di simulazione informatica al fine di dimostrare ipotesi sulle modalità di determinazione delle decisioni impiegate dalla mente umana.

L’impatto sull’innovazione tecnologica e sociale dell’intelligenza artificiale in potenza non è ancora compiutamente immaginabile in termini temporali e spaziali. Certo il governo di tale impatto non può non essere gestito dalle istituzioni pubbliche soprattutto in settori in cui il bisogno di servizi pubblici finali è primario. Certo tale impatto non può essere lasciato all’agire dei soli attori economici. Certo non può essere abbandonato ai meccanismi del mondo virtuale e alle loro degenerazioni, si pensi al fenomeno delle post verità e al controllo della rete. Anche perché l’innovazione investe, o dovrebbe investire, nelle istituzioni pubbliche, assetti istituzionali, modelli organizzativi e gestionali, ruoli degli attori politici e manageriali, competenze, ridefinizione di output e outcome.

Se public management, anche per quanto concerne innovazione sociale e tecnologica, non può che essere capacità predittiva, anticipazione, governo strategico delle decisioni è fondamentale tenere conto del fatto che l’innovazione oggi si pone in un contesto ad alta incertezza ambientale. Un sistema di conoscenze che non è lineare ma che appare, al contrario, frammentato e, molto spesso, non coerente ai bisogni emergenti richiede alle istituzioni pubbliche la capacità di definire relazioni con i portatori d’interesse, specificatamente i portatori d’interesse esterni.

La capacità di costruire una fitta rete di relazioni con i portatori d’interesse esterni crea le condizioni di sviluppo del paradigma dell’open innovation (Bogers et al 2018), cioè di un contesto in cui la permeabilità dei confini istituzionali, gestionali ed organizzativi favorisce relazioni multiple con i portatori d’interesse e con le reti interistituzionali al fine di generare valore sociale dall’innovazione stessa.

L’innovazione aumenta tanto maggiore è la relazione fra portatori d’interesse e le istituzioni pubbliche poiché essa diventa motore nel generare idee e supporta lo sviluppo di conoscenza in una modalità che fortifica la relazione fra ambiente interno ed esterno alle istituzioni pubbliche stesse. Attraverso tale modello paradigmatico è possibile allargare i confini delle aziende pubbliche, si incentiva la collaborazione, si sviluppa il coinvolgimento dei portatori d’interesse con lo scopo fondamentale dell’inclusione di tutti gli attori politici, organizzativi e sociali che dovrebbe essere elemento finalistico al quale tendere nelle politiche pubbliche.

Il primo numero del secondo volume di RIPM – Rivista Italiana di Public Management – Studi e Proposte per Innovare la Pubblica Amministrazione ospita approfondimenti teorici e di ricerca, analisi fattuali, riflessioni e studi puntuali su un tema di grande rilevanza per le amministrazioni pubbliche: “Innovazione sociale e tecnologica e modernizzazione nella PA”.

Infatti, le sfide attuali e future che le istituzioni pubbliche sono chiamate a gestire, in termini di politiche, programmi, piani e progetti, si originano in ampia parte in virtù della capacità di saper governare i processi legati all’innovazione tecnologica e sociale: utilizzare internet e i social network, per esempio, richiede certamente la necessità di reinterpretare i modelli organizzativi e gestionali nelle istituzioni pubbliche, per riflettere su meccanismi interni alla PA, investendo la capacità  di offrire servizi in grado di soddisfare i bisogni degli utenti e dei cittadini, ma richiede anche la capacità di progettare funzioni e attività prima neanche esistenti, immaginando risposte nuove ai bisogni sociali emergenti, si pensi all’accesso ai dati e alla documentazione amministrativa, alla tutela della privacy o alla comunicazione disintermediata PA – cittadino, come quella che si determina ormai quotidianamente online.

Il tema dello Special focus consente di intraprendere e promuovere un dibattito fattivo. Esso, naturalmente, non si esaurisce con questo numero ma può diventare un modo di riflettere, anche nella sezione dialoghi, e dovrà dipanarsi a partire dalla capacità delle istituzioni pubbliche di fare innovazione – cambiare, promuovere, riacquistare efficienza, mutare lo stato delle cose – sociale e tecnologica. Sono innovazione sociale e tecnologica due variabili indissolubilmente legate? È possibile innovare socialmente, si pensi a criteri differenti di creazione delle relazioni nel mercato del lavoro della PA, senza avere una simultanea azione di cambiamento circa l’innovazione tecnologica. Sono innovazione sociale e tecnologica elementi “divisivi” sotto il profilo antropologico e sociologico? Possono, cioè, creare o alimentare gap generazionali, di formazione manageriale, di tecnicalità necessarie? È possibile pensare ad un futuro sostenibile in virtù di una maggiore consapevolezza degli apporti di innovazione sociale e tecnologica. Si può creare una agenda politica più vicina ai bisogni dei cittadini e più in sintonia con l’azione di governo delle risorse economiche con l’innovazione sociale e tecnologica? È importante comprendere quali siano le opzioni di scenario ma anche quale sia la determinazione di strumenti giuridici, gestionali e organizzativi atti a governare questa nuova sfida delle istituzioni pubbliche. Quale potrà essere il ruolo dei differenti attori – decisori politici, portatori d’interesse, cittadini, imprese e, naturalmente, manager pubblici- a condurre le nuove azioni in tal senso.

La creatività, accoglimento delle differenze, non dovrebbe venir meno con l’innovazione, semmai dovrebbe trovare, in seno alle istituzioni, uno spazio più consistente in virtù del superamento delle tradizionali barriere della produttività e della formalizzazione di processi e prodotti tipica del secolo scorso.

Proprio la centralità del tema ha mosso il team editoriale di RIPM a ideare e promuovere lo Special Focus che è stato affrontato nel presente numero. La risposta degli autori allo stimolo di riflessione e ricerca è stata varia e plurale, come nello spirito della rivista, riuscendo a cogliere differenti ed eterogenei aspetti e nuance interpretative del tema generale dello Special Focus, anche analizzando modelli paradigmatici e casi empirici. È questo, ad esempio, il caso del paper intitolato “Il civic crowdfunding e il futuro della pubblica amministrazione”. L’autore, infatti, analizza le nuove forme di interazione tra cittadini e settore pubblico, partendo proprio da un modello sperimentale e da qualche tempo in espansione: il civic crowdfunding, un mezzo di finanziamento per opere e servizi pubblici. Si tratta di uno strumento che coglie il tema della modernizzazione da più punti di vista: quello finanziario e quello economico, trattandosi di un modello di finanziamento di progetti, anche ad alto impatto, che sempre più attecchisce e si diffonde in tutto il mondo; quello sociale, perché questo strumento è in grado di dare nuova forza alle energie latenti nella società, attivando “una funzione autopoietica all’interno delle comunità”; quello istituzionale, poiché stimola il ripensamento in atto del modello relazionale tra società civile, singoli cittadini, settore privato e settore pubblico.

Uno degli strumenti attraverso cui si sta rinnovando, nel metodo e nella forma, ma anche nella sostanza, il rapporto tra amministrazione pubblica e società è rappresentano dalle politiche pubbliche.

Il tema delle policy innovative, con particolare riferimento a quelle industriali, viene affrontato nel paper “Sostenibilità istituzionale ed eguaglianza nelle nuove politiche industriali: spunti per uno schema interpretativo e di valutazione delle policy”, che offre uno schema di valutazione delle politiche industriali alla luce dell’elaborazione del concetto di sostenibilità istituzionale, definito anche dall’obiettivo di eguaglianza per i destinatari a cui tali politiche pubbliche tendono.

Da un altro punto di vista, cioè quello dell’analisi di un’esperienza concreta, nel contributo “Politica industriale: i poli di innovazione nuovo strumento di policy”, si coglie la portata ri-innovatrice delle politiche pubbliche sia nell’approccio, cioè quello del policy implementation, utile a indagare l’iter di un processo di policy al fine di identificarne i fattori chiave e gli elementi distorsivi, sia nel contenuto, poiché i poli di innovazione, cioè l’oggetto specifico analizzato nel testo, hanno rappresentato una nuova riposta a necessità emergenti dell’economia e della società.

Il contributo è stato inserito nella sezione Close-up della Rivista, che rappresenta lo snodo da cui passano idee, proposte e temi, per sviluppare sinergie di ricerca e progettuali. L’analisi, infatti, è stata condotta con uno sguardo concreto sulla realtà, presentando un caso di studio, individuato nello scenario italiano, ovvero quello dei poli di innovazione della Regione Piemonte, che hanno rappresentato un punto di osservazione privilegiato su punti di forza e debolezza del modello.

Guardando ai territori e alle città, che si caratterizzano sempre più per essere laboratori a cielo aperto di modelli e sperimentazioni innovative, emerge chiaramente la necessità di indagare sulla loro evoluzione, anche da un punto di vista organizzativo e degli assetti istituzionali. Negli ultimi anni, infatti, si è molto parlato di riforme di enti locali e territoriali.

Il dibattito scaturito da tali riforme ha mosso il legislatore ad attivarsi in una serie di interventi di innovazione riformatrice. Tali interventi vengono ripercorsi e analizzati nell’articolo “La lentissima fondazione delle Autorità metropolitane”. L’autore, pur focalizzandosi sulle autorità metropolitane, offre un’analisi, anche comparata con altri paesi europei, dei processi di innovazione del governo urbano. In particolare, focalizzandosi sulle politiche di sviluppo cosiddette “place based”.

Nel solco della narrazione delle trasformazioni istituzionali e dell’organizzazione pubblica si pone anche il paper “La distinzione tra politica e amministrazione nella struttura e nell’organizzazione della P.A”.

L’autrice, in questo contributo, descrive e analizza il principio di distinzione tra politica e amministrazione, sia dal punto di vista storico-normativo, sia da quello strutturale ed organizzativo-manageriale, osservando e modellizzando il rapporto tra l’organo di governo e l’organo amministrativo, nei diversi equilibri che si sono delineati nell’amministrazione pubblica italiana.

Infine, sono stati analizzati due temi molto attuali nel dibattito pubblico: da un lato, le politiche migratorie e, dall’altro, la politica europea di coesione. Si tratta dei paper: “The effect of migration policies on immigration flows. The cases of France, Germany, Hungary, and Italy” e “La politica di coesione: l’esperienza italiana”.

Il primo contributo è volto a indagare l’efficacia e gli effetti delle politiche migratorie adottate dai paesi che in Europa accolgono i migranti, per rispondere alla domanda di ricerca, l’autrice ha condotto un’analisi quantitativa basata sui dati riguardanti la migrazione internazionale nel periodo tra il 2011 e il 2018 e analizzando quattro casi di studio all’interno dell’UE, cioè Francia, Germania, Ungheria e Italia.

Il secondo testo analizza le politiche di coesione, con particolare riferimento all’attuazione di questo strumento in Italia, in considerazione delle forti disparità economiche e sociali esistenti tra il nord e il sud del Paese; gli aspetti presi in esame, in particolare, riguardano le criticità dell’attività di valutazione, la mancata addizionalità delle risorse e i tempi di realizzazione delle opere pubbliche.

Infine, anche alla luce delle anticipazioni sui contributi accolti, un monito che assume valore di auspicio. Seppure si può immaginare un “campo neutro” delle politiche pubbliche legate all’innovazione. Per esempio, come intercettata sopra l’IA è disciplina che analizza se sia possibile e con quali modalità configurare i processi mentali – anche quelli ad alto tasso di complessità – in virtù delle tecnologie più avanzate a partire dal computer, la capacità di governare l’innovazione tecnologica e sociale è intrinsecamente connessa. Non può esservi innovazione tecnologica senza quella sociale e viceversa. Istituzioni pubbliche che non sappiano governare all’unisono questi due aspetti saranno fallaci. Il rischio di accelerazioni sull’innovazione tecnologica nella produzione di beni e servizi pubblici è alto e altrettanto alto è il rischio di un di uso non corretto che può generare divisione sociale se non si costruiscono adeguate politiche pubbliche a supporto.

Istituzioni pubbliche che non incorniceranno con valori etici non negoziabili, e di tensione verso l’interesse generale della società, saranno particolarmente vulnerabili e non avranno quello sguardo predittivo che deve distinguere il loro agire.

Riferimenti bibliografici

– Bogers, M., Chesbrough, H., & Moedas, C. (2018), Open innovation: Research, practices, and policies, California Management Review, 60(2): 133-144.

Jones, T M., Jeffrey S. Harrison & Felps, M. (2018), How Applying Instrumental Stakeholder Theory Can Provide Sustainable Competitive Advantage, Academy of Management Review 43, n. 3.

– Mohr, L. (1969), Determinants of Innovation in Organizations, American Political Science Review, 63(1), 111-126.

– OECD (2015), The Innovation Imperative: Contributing to Productivity, Growth and Well-Being, OECD Publishing, Paris.

– OECD and Eurostat (2005), Oslo Manual: Guidelines for Collecting and Interpreting Innovation Data, 3rd Edition, The Measurement of Scientific and Technological Activities, OECD , Publishing, Paris.

– Osborne, S.P. and L. Brown (eds), (2013), Handbook of Innovation in Public Services, Northampton, MA: Edward Elgar Publishing.

– Walker, R.M (2014), Internal and External Antecedents of Process Innovation: A Review and Extension, Public Management Review, 16, 1, 21–44.

 

Scarica il PDF