Editoriale: Innovare la pubblica amministrazione

di Luigi Fiorentino - Presidenza del Consiglio dei Ministri e Elisa Pintus - Università della Valle d’Aosta
Cosa conduce al nuovo? L’incoscienza della sfida, un salto nel vuoto, la ricerca della luce, la tensione verso lo specchiarsi in ciò che a noi è già noto, l’esercizio della volontà? Certamente, ci conduce al nuovo l’audacia del conoscere.  Il nuovo apre una strada, delinea uno spazio d’azione, definisce l’ambito privilegiato nel quale confrontarsi.[...]

di Luigi Fiorentino – Presidenza del Consiglio dei Ministri

e Elisa Pintus – Università della Valle d’Aosta

Una nuova sfida

C osa conduce al nuovo? L’incoscienza della sfida, un salto nel vuoto, la ricerca della luce, la tensione verso lo specchiarsi in ciò che a noi è già noto, l’esercizio della volontà? Certamente, ci conduce al nuovo l’audacia del conoscere.  Il nuovo apre una strada, delinea uno spazio d’azione, definisce l’ambito privilegiato nel quale confrontarsi.

Il nuovo è cammino, analisi, condivisione, apertura: non si può avere paura del nuovo. Per intraprendere un cammino è necessario ispirarsi alla storia, la conoscenza “passa” per essa e diventa elemento di connessione fra noi e il futuro.  Credere nel nuovo, non piegarsi al passato, è ricerca del bene comune. C’è un rischio di oblio nella società contemporanea, apparentemente attenta solo al presente, ma è doveroso avere memoria della storia per aspirare al nuovo.

Una nuova rivista, in una società così rapida nell’evoluzione verso il nuovo, è certamente ricerca, salto nel vuoto, sfida, audacia, ma può, e deve, essere cammino, analisi, confronto, condivisione, apertura, inclusione e , soprattutto, ascolto e visione.

Una rivista “mobilitante” per pensare una nuova amministrazione pubblica

Certamente, il tempo in cui stiamo vivendo è denso di grandi cambiamenti. Come è accaduto già per altre fasi della storia della società, stiamo attraversando il passaggio da un paradigma culturale, economico e sociale ad un altro; non a caso si parla di quarta rivoluzione industriale (da qui 4.0) per indicare la diffusione di tutte quelle innovazioni, in particolare tecnologiche, che stanno ridefinendo il perimetro entro cui viviamo e lavoriamo, con una forza rivoluzionaria e, a volte, distruttrice.

Ma se il mondo cambia qual è il ruolo e la funzione della pubblica amministrazione (PA) in questo nuovo scenario? Come effettivamente si potrà realizzare il passaggio ad una nuova PA al passo con i tempi? Quali sono le azioni da intraprendere per realizzare un cambiamento di paradigma anche nel settore pubblico?

Questi dubbi si innestano sulla già travagliata storia di riforme amministrative che si susseguono nel nostro paese da anni, senza aver mai realizzato un reale e rivoluzionario cambiamento del modo di lavorare ed operare delle amministrazioni. La storia recente, infatti, è fatta di interventi di manutenzione ordinaria al sistema e non di capovolgimenti radicali.

Una delle strade, per trovare soluzioni agli interrogativi sulla capacità del sistema pubblico di proiettarsi in una società del futuro, è quella di costruire un confronto aperto su questi temi ma soprattutto proposte nuove, sviluppando strumenti di dialogo e analisi, come questa rivista si propone di fare. Quindi, il lavoro a cui sono chiamati oggi tutti gli studiosi e i professionisti dell’amministrazione pubblica è quello di ideare nuove chiavi di lettura, usando un’ottica pluridisciplinare e allargando l’orizzonte di riflessione anche a settori che, storicamente, non si sono occupati direttamente del funzionamento delle istituzioni pubbliche ma che possono contribuire in modo costruttivo e innovativo a questa analisi. Si tratta di superare l’approccio giuridico-formale e sperimentare innesti nuovi di sapere, che possano generare soluzioni inedite e aprire diverse strade di ricerca e azione.

La Rivista Italiana di Public Management è stata pensata e progettata proprio per rispondere a questa sfida e diventare luogo di sperimentazione di una rinnovata riflessione sulle amministrazioni pubbliche, provando a fornire proposte e stimoli di studio e analisi. Questa rivista, dunque, nasce con un’ambizione mobilitante, per far sì che le diverse scienze, sociali ed economiche, che si occupano dei problemi delle istituzioni, accendano il loro sguardo sulla pubblica amministrazione.

La pubblica amministrazione tra locale e globale

Le dimensioni da indagare nell’analisi sulle amministrazioni pubbliche sono sia locali che sovranazionali e globali, poiché non esiste una sola amministrazione pubblica ma una pluralità di soggetti che, insieme e a vario titolo, concorrono alla realizzazione di bisogni e di interessi sociali. In questo sistema multilivello e multi – governance, che esiste e si sviluppa da vari decenni, ancora si fatica a trovare le forme e le modalità concrete e quotidiane di coordinamento dei diversi attori.

Una delle cause di questo fenomeno è da rinvenire nella mancata capacità di cucire insieme tutti gli elementi del sistema, che quindi molto spesso finiscono per essere rigettati come corpi estranei. Come se un chirurgo nell’eseguire un trapianto non valutasse anche la compatibilità del nuovo organo con tutti gli altri, oppure come se, durante l’operazione, non connettesse il nuovo elemento a tutti gli altri, uno per uno, per ricreare un nuovo equilibrio.

Guardando alla storia dell’Italia, ad esempio, questo errore è accaduto quando con l’unificazione del Regno si sono sommate le autonomie comunali, unendo ordinamenti, anche amministrativi, diversi tra loro per storia e regole, senza creare un senso comune anche nelle modalità di lavoro e relazione di queste diversità. Questa frammentazione ancora oggi persiste, generando una differenziazione nell’erogazione dei servizi che crea disuguaglianze e divari tra una parte e l’altra del paese.

L’amministrazione nell’attuale fase storica si innerva in un sistema che è locale e globale insieme, con spinte che provengono da diversi fronti, ha bisogno di una cultura unificante e di studiare e progettare una politica di integrazione, tra amministrazioni e livelli di governo, che superi la divaricazione fra prassi e competenze, per realizzare una reale visione di sistema.

Tradurre questo obiettivo in azioni concrete vuol dire compiere una sincronizzazione gestionale, per connettere le varie parti del sistema pubblico, in chiave di efficienza e di risultato. Uno degli obiettivi fondamentali  della Rivista Italiana di Public Management , anche attraverso questo spazio, è quello di contribuire a costruire una cultura della gestione che superi l’approccio formalistico, parcellizzato e burocratico, poco attento ai risultati e molto attento agli adempimenti formali, per studiare un modello che sappia rendere le amministrazioni pubbliche attori capaci di operare in società a crescente complessità e velocità di cambiamento.

L’organizzazione amministrativa non è solo fatto giuridico

Nel nostro sistema pubblico è mancata una vera evoluzione verso modelli gestionali e organizzativi che ci facesse fare un salto da una visione formale e un approccio giuridico ad un modello dinamico e disegnato sulle reali esigenze di governo delle amministrazioni; si è parlato a questo proposito, di “primitivismo organizzativo”, poiché se “i grandi maestri di organizzazione sono stati l’esercito e la fabbrica, l’Italia ha avuto poco dell’uno e dell’altra1. Infatti, se si pensa che per ciò che riguarda l’economia e l’industria si parla oggi di quarta rivoluzione industriale, appare ancora più evidente il ritardo che si ha nel sistema amministrativo italiano, dove una rivoluzione vera e propria non si è ancora mai avuta. Proprio con riferimento alla fabbrica, è illuminante l’esempio del Taylorismo e l’importanza che questo fenomeno ha avuto per l’influenza di un intero sistema di produzione2 e sull’organizzazione del lavoro. Fenomeni analoghi, in Italia, non ci sono stati nel settore pubblico.

Questo è, dunque, il momento per costruire un’amministrazione moderna, investendo sulle risorse umane, in chiave di competenze e non solo di conoscenze, per superare il modello burocratico ottocentesco che, seppur con qualche aggiustamento, ancora vige. Progettare una PA per il futuro significa provare a disegnare un sistema lungimirante che non sia ancorato all’oggi, ma sia proiettato ai prossimi anni e immaginato sulle nuove generazioni, che sia anticipatore e attuatore di cambiamenti e che investa sulle innovazioni, come ad esempio la rete e l’intelligenza artificiale, e non che ne abbia timore o le blocchi.

Questa trasformazione implica il recupero del valore dell’amministrare, che spesso è finito sepolto in cavilli e adempimenti, snaturando così anche la missione delle amministrazioni pubbliche, che dovrebbero essere creatrici di condizioni ottimali per far avanzare la frontiera della società e non portatrici e simboli di vincoli o lungaggini burocratiche. Amministrare vuol dire assunzione di responsabilità, utilizzo della discrezionalità per prendere le decisioni migliori, vuol dire scegliere e non solo applicare letteralmente “leggi provvedimento” o decreti.

Le leve per attuare questo cambiamento sono la gestione e l’organizzazione, come si è detto, ma anche le risorse umane, cioè gli attori di questo disegno che troppo spesso vengono alienati in compiti routinari, che fanno perdere la reale motivazione nel loro lavoro e lo spirito di servizio pubblico. Occorre, quindi, un investimento non solo sulle tecnologie per migliorare la macchina amministrativa, ma anche sulle risorse umane, che devono essere asset di punta del sistema pubblico.

In questa ottica, si analizzeranno le principali direzioni del cambiamento del settore pubblico, diffondendo proposte e idee attraverso le pagine di questa rivista, per creare uno spazio di pensiero moderno e innovativo anche per la PA.

Le direttrici: ascolto e visione

La rivista intende sviluppare una attitudine specifica all’ascolto. E’ dalla capacità di ascolto di tutti gli attori culturali, economici e sociali coinvolti nelle decisioni delle amministrazioni pubbliche che può propagarsi un senso identitario che riunisca, nel sentire la PA bene comune,  studiosi, professionisti, portatori d’interesse, società più in generale.

è indubbio, come rammentato nei passaggi precedenti, che vi siano stati molteplici ostacoli in Italia al cambiamento della PA in senso manageriale. Una delle cause principali di tale cambiamento, secondo molti studiosi realizzato solo in parte, è dato dalla debolezza del dialogo esercitato fra attori interni ed esterni alle istituzioni pubbliche. Prestare attenzione a tutti gli attori consente alla Rivista Italiana di Public Management di registrare in tempo reale cosa sta accadendo, al fine di sviluppare stimoli e incentivi alla riflessione, al dibattito e alla messa in comune del patrimonio di idee, valori e proposte che si vanno via via sviluppando. Ascolto è la valorizzazione di antenne capaci di catturare quanto sta accadendo nelle amministrazioni pubbliche e nell’ambiente esterno. Ascoltare consente alla rivista di poter essere volano perfino di tesi “controcorrente” o diverse rispetto agli approcci consolidati di public management e di mettere in connessione  culture differenti.  Il passato ci insegna che è la frattura fra le culture, la differenza dei portati esperienziali, la battaglia su proposizioni divergenti se non apertamente confliggenti che nel nostro paese, più che in altri anche europei, ha determinato resistenze, rallentamenti o, addirittura, arresto nel cambiamento.   Ascoltare significa dedicare spazio e visibilità ad ambiti “apparentemente” lontani dal public management, significa, soprattutto, essere punto di giunzione di una molteplicità di saperi.

Con l’ascolto si coniuga la visione. E’ necessario pensare alla pubblica amministrazione come a un sistema complesso al cui centro c’è l’uomo con tutte le sue difficoltà, le sue contraddizioni, i suoi valori. Interpretare l’interesse pubblico e le modalità attraverso le quali si disegnano, si sviluppano e si  attuano i modelli di scelte pubbliche da parte di decisori politici, manager, professionisti e portatori d’interesse è la sfida della rivista.

Questo numero di esordio ne esplicita la visione nel dedicare l’attenzione a come gli autori, componenti del comitato scientifico, con differente approccio disciplinare, vedono la pubblica amministrazione del futuro e a come vedono in questa sfida il contributo di RIPM. Non si è trattato di determinare una scelta minimale ma anzi, al contrario, di definire un’azione dirimente rispetto al modo di intendere nel passato il public management: includere, coinvolgere, aprirsi a contribuzioni che hanno come filo rosso la volontà di cambiare davvero le amministrazioni pubbliche e, aspetto non residuale, il modo in cui le stesse sono interpretate nella società.

Questo primo numero vuole essere lo stage setter della rivista. Tutti si è accomunati dalla consapevolezza di una “urgenza” di esplorazione, di proposizione, di messa in comune e di fertilizzazione di informazioni, di idee, di modelli e di tutto quanto consenta il confronto   affinché le pubbliche amministrazioni siano sempre di più snodo cruciale nello sviluppo della  società e non l’avversario da combattere. 

In questo contesto la visione è dinamica, recettiva,  propositiva e accogliente.

1. S. Cassese e L. Torchia, Diritto amministrativo. Una conversazione, Bologna, Il Mulino, 2014.

2. D. Nelson, Taylor e la rivoluzione manageriale. La nascita dello “scientific management”, Storica Einaudi, 1987.

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