Società 4.0 e Public Management

di Michela Arnaboldi e Giovanni Azzone - Politecnico di Milano
Tra i temi che la nuova Rivista Italiana di Public Management è chiamata ad affrontare, non può a nostro avviso mancare l’impatto dell’innovazione tecnologica sull’amministrazione pubblica. La cosiddetta quarta rivoluzione industriale, caratterizzata da una diffusione sempre più estesa delle tecnologie digitali [...]

di Michela Arnaboldi e Giovanni Azzone, Politecnico di Milano

 

T ra i temi che la nuova Rivista Italiana di Public Management è chiamata ad affrontare, non può a nostro avviso mancare l’impatto dell’innovazione tecnologica sull’amministrazione pubblica.

La cosiddetta quarta rivoluzione industriale, caratterizzata da una diffusione sempre più estesa delle tecnologie digitali e dalla disponibilità di informazioni ampie, personalizzate e facilmente accessibili – cui si fa riferimento in modo sintetico con il simbolo 4.0 – sta infatti trasformando profondamente il mondo in cui viviamo, ridefinendo i confini dei settori dell’economia, rendendo obsolete alcune professioni tradizionali e creandone di nuove.

Questa trasformazione incide, ovviamente, sul contenuto delle politiche pubbliche: quelle dove la relazione con l’innovazione tecnologica è più evidente – le politiche economiche, quelle dell’istruzione, quelle del lavoro -, ma anche altre, apparentemente, più “laterali” (si pensi ad esempio all’effetto della digitalizzazione sulla valorizzazione dei beni culturali o sul monitoraggio delle infrastrutture, sulle modalità di interazione tra medico e paziente o sul funzionamento della giustizia attraverso il processo telematico).

La quarta rivoluzione industriale incide però anche sul modo in cui si possono progettare le politiche pubbliche e, di conseguenza, sul ruolo dei manager pubblici e sulle competenze che questi devono possedere.

La digitalizzazione segna infatti il passaggio da una società a informazione scarsa a una a informazione ridondante. Nella prima, che ha caratterizzato l’umanità fino alla fine del millennio scorso, le informazioni di cui si poteva disporre erano limitate e difficilmente accessibili dal singolo individuo in assenza di competenze personali adeguate o di forme di intermediazione. Nel mondo in cui viviamo, al contrario, vi è una quantità impressionante di informazioni disponibili a tutti1; informazioni, però, che spesso non sono certificate e la cui qualità è meno controllata rispetto al passato. Un esempio, emblematico, delle conseguenze del nuovo scenario è quello delle modalità con cui le persone individuano la terapia più indicata per un problema di salute. Una volta, questo richiedeva necessariamente l’interazione tra il paziente e il medico, ovvero chi era in grado di confrontare i sintomi del paziente con quanto era noto nella letteratura scientifica, avendo la competenza per individuare la fonte di informazione più corretta e per comprenderne il significato. Oggi moltissime persone attraverso il web diagnosticano direttamente la cura di cui hanno bisogno con il rischio di basarsi su informazioni non certificate o che non sono in grado di comprendere appieno2.

Di fronte a un cambiamento di questa portata, emergono nuove opportunità per riuscire a conciliare efficacia delle politiche pubbliche e efficienza nell’uso delle risorse, ma anche nuove sfide da affrontare per rendere questa potenzialità reali e nuovi problemi da risolvere. Contribuire, attraverso la ricerca e il confronto, ad affrontare questi problemi è un obiettivo che la nuova rivista non potrà non porsi.

[1] Il Cisco Visual Networking Index stima che nel 2016 il traffico dati in rete sia stato superiore ai 130 exabyte (un exabyte corrisponde approssimativamente a 10^18 byte).
[2] Più di 100 anni fa, lo spassoso inizio di Tre uomini in barca di JK Jerome prefigurava i rischi dell’autodiagnosi…raccontando una visita al Museo Britannico per trovare la cura di una febbre da fieno, culminata nell’autoconvincimento di soffrire di tutte le malattie ad esclusione del ginocchio della lavandaia.

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